Uno degli elementi che mi ha colpito maggiormente del fenomeno della great resignation – partito dagli Stati Uniti e arrivato a farsi sentire anche in Italia – l’ho trovato in una fra le motivazioni più frequenti che hanno spinto le persone a fare questa scelta.
Questa motivazione ci insegna che i leader in azienda hanno un grande lavoro da fare sulla propria capacità di ascolto. Infatti, tra le ragioni più frequenti che hanno portato le persone a dimettersi c’è l’incapacità dei propri capi di ascoltare i feedback. Incredibile? I numeri dicono che questo sentimento è piuttosto diffuso.
Infatti, questo problema percepito da tantissimi lavoratori ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale nella scelta delle persone che hanno deciso di lasciare il posto fisso in azienda. Una indagine svolta dalla società Explorance afferma che il 78% delle persone desidera partecipare a survey aziendali nei quali poter esprimere il proprio punto di vista.
Nella stessa indagine si legge che il 50% degli intervistati non ha ricevuto survey da parte del datore di lavoro nell’ultimo anno e che oltre il 40% non crede che il proprio feedback possa portare a cambiamenti significativi. In molti nelle aziende, infatti, si pongono una domanda: quando l’azienda riceve decine o centinaia di risposte dai dipendenti che cosa ne fa dei dati?
Vista la percentuale di persone che crede che di questi dati non venga fatto assolutamente nulla è facile comprendere come crescano frustrazione e disillusione all’interno dell’azienda.
Per questa ragione è quantomai importante che le aziende inizino ad agire rapidamente. Bisogna iniziare ad ascoltare le persone, porgli domande e mostrare interesse. Allo stesso è necessario essere chiari sul fatto che non tutto sarà fattibile ma che la volontà dell’azienda è quella di migliorare su di una base condivisa trovando un punto di equilibrio. Le aziende devono trasformare rapidamente le informazioni in azioni per dare un segnale forte a tutte le persone, tornare a creare soddisfazione per chi lavora.