We can be Heroes

Sono un ragazzo fortunato (perché mi hanno regalato un sogno…)

Ieri sera siamo andati a una festa di paese, una di quelle dove fai la fila per prendere salsicce e costine, dove si mangia in grandi tavoloni, dove i bambini scorrazzano qui e là e se tutto va bene la musica è bella.

Siamo andati a quella di Longuelo, il quartiere dove vivevano i miei e dove ho vissuto anche io dalla seconda media al giorno che sono uscito di casa.

La carne era così così, la pizza e le patatine buone. La birra bella fresca e la compagnia perfetta. La coda scorreva velocemente.

Vicino a noi una famiglia allargata. Sorelle/zie, mamma/nonna, figli/nipotini… poi sono arrivati due ragazzi, età difficile da decifrare, fine venti direi. Ho notato l’abbigliamento: jeans di marca con il cavallo letteralmente al ginocchio, t-shirt costosa, i-Phone, scarpine alla moda, 4 tatuaggi (visibili) a colori, piercing nelle sopraciglia e nella lingua, capelli con gel praticamente perfetti.

Hanno iniziato a parlare. Non che io sia un mostro della grammatica (con la scusa che faccio linguistica me la cavo sempre), ma questi devono aver dormito durante tutte le lezioni! I discorsi volgevano sulla mancanza di lavoro e sul fatto che forse uno aveva trovato un lavoro per qualche mese… mi sono sembrati svogliati, stanchi (non so di/per cosa), apatici…

Mi sono sentito vecchio nel chiedermi come facevano se non lavoravano a pagarsi tutta quella roba. Solo di tatuaggi devono aver speso un botto.

Sarà che io a 14 anni già facevo le stagioni estive. Mi sono fatto 4 mesi e mezzo all’Hotel Augustus di Forte dei Marmi a prendermi calci nel culo (non metaforicamente, li prendevo davvero). Poi però la settimana prima di andare a scuola mi sono comprato l’attrezzatura sciistica (compresi gli sci K2 nuovi di pacca che all’epoca erano il massimo) con i miei soldi. Una bella soddisfazione.

Ricordo la sensazione a Stromboli (avevo 15 anni ero lì per un’altra stagione) di offrire a mio padre da bere in discoteca quando venne a trovarmi.

Ho rivisto qualche “amico” con cui ho passato qualche pomeriggio a giocare a calcio. Mi sono sembrati “lontani”. Non perché erano ancora lì ma perché diversi da me.

Ho pensato ancora una volta ai miei sogni di bambino, di ragazzino e di “uomo”. Sono un ragazzo fortunato perché mi hanno regalato tanti sogni. Mio nonno con le storie dell’America, mia madre con i suoi viaggi mai fatti, mio padre con le vittorie contro la malattia, il mio professore all’alberghiera con i viaggi sulle navi, il titolare del ristorante italiano in Inghilterra con il suo 4×4 con telefono (che ci prestò per un week end a condizione che tutte le volte che ci avrebbe chiamato avrebbe risposto una voce femminile), Tony Robbins con le sue storie, mia moglie con i viaggi da fare e le mie figlie con le case con piscina da comprare…

Il bello è che i sogni si avverano. Certo devi guadagnarteli. Ricordo una ragazza che frequentavo a Stromboli. Mi sentivo un super figo perché io quindicenne avevo conquistato la quasi ventenne che tutti volevano. In un momento di intimità mi chiese perché “buttavo via i miei anni più belli lavorando d’estate”. Lei era in una vacanza molto lunga, io ero lì a fare esperienza. “Non li sto buttando via” le dissi “sto facendo quello che voglio e sto facendo esperienza”. Mi sorrise, non ho mai capito se pensava che l’esperienza la stessi facendo con lei o in generale. O forse pensava che ero troppo bergamasco.

Una cosa è certa, l’esperienza l’ho fatta. E vivo il mio sogno.

Vale la pena di fare un po’ di fatica. Credimi non lo dico per convincermi, lo dico perché è vero.

Buona settimana di pioggia.

Claudio

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