We can be Heroes

Il mito. Il mio mito.

Ho comprato il primo album nel 1977 (avevo 10 anni), e grazie ai miei genitori straordinari, l’ho visto la prima volta in concerto in Francia nel 1983 (avevo 16 anni). Il tutto con mia sorella Patrizia con cui condivido questa passione. Il mio mito, all’anagrafe si chiama David Robert Jones, ma tutti lo conoscono con il nome d’arte, David Bowie. Un londinese che ha accompagnato la mia vita e cambiato il mondo del rock. Un grande, immenso. Nella nostra stanza di bambini/ragazzi, avevamo appeso di tutto: poster, gigantografie, specchi con la sua immagine. Lo stereo suonava, quasi sempre, la sua musica. Gli anni sono passati, sono cresciuto ma lo ammiro ancora. Recentemente sono andato a Londra, al Victoria and Albert Museum, per vedere una mostra a lui dedicata, dove mi sono commosso, cioè ho pianto. Erano lacrime di emozione, di gioia e di trasporto. L’altro giorno ho visto l’ennesimo documentario, ancora una volta, mi sono emozionato e ho capito perché lo adoro. 

Bowie è Bowie, punto.

Se conosci la sua carriera capisci cosa intendo, se non la conosci cercherò di spiegarmi. Lascerò da parte il fatto che è un artista a tutto tondo. Cantante, musicista, produttore, attore di cinema e teatro nonché pittore. Tralascio anche il fatto, non poco importante, che è felicemente sposato e ha due bellissimi (non nel senso estetico) figli. Evito anche di dire che ha saputo gestire bene il suo patrimonio. Cercherò di parlare solo della sua carriera di artista. Per dire le prime cose che mi vengono in mente ti dico che durante la sua vita ha venduto più di 140 milioni di dischi. Ha prodotto, salvando dalla dipendenza dalla droga, artisti che lo avevano ispirato tra cui Lou Reed e Iggy Pop. Nella sua carriera di attore di teatro può vantare un clamoroso successo a Broadway, oltre alla collaborazione con il grande mimo Lindsay Kemp. Il suo lavoro ha influenzato generazioni di artisti rock che si sono ispirati a lui o hanno imparato a suonare e cantare ascoltandolo. Dave Gahan (Depeche Mode), dice di aver imparato a usare la voce cantando “Heroes”. Tutta la così detta “new wave” e  il “post punk” hanno pescato dal repertorio bowieano come del resto “l’alternative rock”. La cosa che mi ha però sempre colpito di più è la sua capacità di rinnovarsi e cambiare. Negli anni ’70 è passato dal soul all’elettronica in un batter d’occhio. Prima aveva fatto un cambiamento repentino passando dal glamour (cioè paillettes e tacchi alti) all’abito doppiopetto. Ultimamente, dopo 10 anni di completo silenzio, ha celebrato il suo ultimo compleanno con un album capolavoro di cui nessuno aveva notizia. L’album, oltre che sorprendere tutti, è andato in cima alle classifiche di tutto il mondo, nonostante Bowie non abbia rilasciato una sola intervista. Potrei scrivere chilometri di righe su di lui ma potrebbe, forse, annoiarti. E allora, non scriverò più di lui, parlerò di me e di te. 

Tu, ce l’hai una passione che ti fa piangere come ho pianto io davanti a un sintetizzatore (quello che Brian Eno portò a Berlino), nonostante i miei 45 anni compiuti?

Forse ne avevi una a 16 anni, la mia mi ha fatto andare in pullman fino in Francia per vedere un concerto (non potrò mai ringraziare i miei abbastanza), ma ce l’hai ancora? Non deve essere la stessa, puoi cambiarla, l’importante però è averne una. Cavolo! Le passioni sono il sale della vita, sono quelle cose che ti fanno fare azioni apparentemente senza senso, ma che ti danno gioie che nessuno può capire. Mi auguro che tu ne abbia almeno una. Mi auguro che lasci che i tuoi cari, soprattutto i tuoi figli, abbiano le loro. Inoltre ti auguro che ti conceda il tempo, i soldi e l’energia per viverle e coltivarle. Se, per evitare i giudizi negativi di altri, le hai lasciate, ti esorto a riprenderle. Lascia che chi vive nella noia ti giudichi. È affar loro. Non so cosa abbiano pensato quelli che mi hanno visto in lacrime davanti a una teca che conteneva un vecchio sintetizzatore. Alcuni hanno capito. Altri, forse, hanno sorriso. Io non me ne sono accorto, ero troppo perso nei miei ricordi. Sentivo le canzoni fatte con quell’aggeggio e vedevo i momenti della mia vita che quei brani hanno segnato. Mi immaginavo il mio Bowie (sì il mio, quello che porto dentro di me), parlare con Eno, Fripp, Alomar e il resto dei grandi musicisti di quel periodo strepitoso. Ero così pieno di emozioni che il prezzo del biglietto, e del mio ritorno, visto che una visita non mi era bastata, era irrilevante. Torno a te. Tu hai una passione come questa? Vuoi dirmi qui sotto nei commenti qual è? Cosa ti dà …? 

Come sarebbe la tua vita se la coltivassi un po’ di più?

Come sarebbe il mondo se tutti lo facessero? Mentre ci pensi vado ad ascoltare un po’ di Bowie. Love on ya! Claudio 

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