Oggi è il mio compleanno, 52 anni vissuti con passione e voglia di vivere in giro per il mondo con esperienze variegate. Più della metà della mia vita l’ho passata in aula, nei corsi di formazione in 4 continenti. La prima volta ci sono capitato apparentemente per caso, in realtà per un disegno divino specifico. Da quel lontano 1993 ho visto tante cose e diverse evoluzioni.
Negli anni in cui ho iniziato, dovevo spiegare cosa era un Coach perché nessuno lo sapeva. Ora devo ancora spiegarlo perché tutti pensano di saperlo ma di fatto hanno le idee confuse. Ci sono più coach o “wanna be coach” che clienti adesso. La storia della crescita personale è affascinante. Dalla psicologia tradizionale, dove dovevi passare anni dal terapeuta per imparare a convivere con i tuoi problemi, siamo passati alle soluzioni istantanee, magari una uguale per tutti, che ti risolve tutto oggi grazie a una tecnica in 3 semplici passi.
Grazie ai social ci sono esperti ovunque. Coach di ogni genere che fanno promesse mirabolanti. Guru e “gurini” (che sembrano più girini visto l’età anagrafica e sul campo) che dicono cose che non stanno in piedi ma grazie alla loro esperienza di web marketing fanno grandi numeri. La parola chiave è “cambiamento”, basta cambiare e sei “guarito”. Un po’ come quelli che credono che smettere di fumare sigarette tradizionali per iniziare con quelle elettroniche (o con il riempirsi di caramelle) sia un miglioramento, mentre di fatto è solo un cambiamento.
Tutti hanno la soluzione in pochi semplici passi per diventare: ricchi, felici, persone di successo o altro. Il tutto senza sforzo, senza impegno e soprattutto senza miglioramento del fattore umano. Questi “gurini” arrivano persino a insultare gli psicologi tradizionali senza mai aver letto un libro o frequentato un corso sugli argomenti che attaccano. Di fatto fanno gli stessi danni che i terapeuti incapaci, che stanno insultando, hanno fatto per anni. Se da un lato è terribile che qualcuno dopo anni di terapia non abbia veri miglioramenti, dall’altro è terribile che si illuda qualcuno che in 3 passi on line (a un prezzo irrisorio) possa davvero crescere, mentre di fatto si è solo messo in movimento senza avere preso una direzione. Sul lettino, dallo strizzacervelli erano fermi, imbalsamati e verso la “morte”. Ora con le soluzioni istantanee sono in movimento certo, ma verso cosa?
Muoversi dà l’impressione di essere più vivi che stare fermi, come cambiare può dare l’impressione di migliorare, ma non è sempre così. Cambiare non è sempre migliorare o crescere. La mia obiezione è verso chi crede che sia facile: non lo è. Può essere semplice (cioè non complicato) ma non è facile. La mia obiezione è verso i “protocolli” banalizzati, tecniche fatte di passi prestabiliti e univoci, da usare con tutti e sempre. Piccole poesie ripetute a memoria senza conoscerne il significato, il funzionamento, i principi operativi e soprattutto senza mettere al centro il cliente, cioè la persona. Vedo troppe persone assetate di soluzioni veloci, facili e indolori. “Qual è il metodo più rapido e senza fatica?”.
Ci si accontenta di una scossa emotiva momentanea e immediata. Siamo dopamina-dipendenti, vogliamo vedere i like, ci pregiamo del numero di follower, facciamo quello che facciamo per poterlo postare, invece di viverlo a pieno. Adoro i concerti, sono tra i momenti più belli della mia vita. Vedo troppe persone fare l’esperienza di un live attraverso lo schermo del proprio smartphone invece di viverla nel momento – tra l’altro per fare un video peggiore di quello che esiste già on line. Forse sto diventando vecchio, ma vedo poche persone veramente motivate a crescere, migliorare, evolversi. E troppe a cercare la nuova “droga” del successo. Sì, droga; qualcosa di finto, chimico, fittizio che ti faccia stare bene adesso e senza impegno.
Attenzione: non sono per la sofferenza a tutti i costi. Perché soffrire inutilmente? Non rimpiango la moda di andare per anni in terapia; una terapia utile più a pagare il mutuo del terapeuta, che al miglioramento del cliente (sì, cliente non paziente). Penso che dal soffrire inutilmente alla mania del tutto, subito e senza sforzo ci debba essere una terza via.
Dal “rinuncio a tutto per gli altri” al “io sono la sola cosa che conta” ci devono essere anche altri modi. Guarda i profili sui social “io, io, io e ancora io”. Tutti selfie! Ho scritto libri intitolati “La vita come TU la vuoi”, “Prendi in mano la TUA felicità” e ancora “Super YOU” quindi promuovo l’espressione del sé. Ciò che non ho mai promosso è l’egocentrismo.
Come Coach sono un figlio di Tony Robbins. Ho l’onore di essere letteralmente al suo fianco da un quarto di secolo. Lo stesso mi capita con Richard Bandler, John Grinder, Robert Dilts, Chris Cowan e molti altri… Grazie ai loro insegnamenti ho imparato molto, ho soddisfatto la mia curiosità innata verso l’essere umano e capito molte cose. Ho studiato tanto e sono andato alle fonti – anche quelle meno conosciute – di tutte le metodiche che uso. Metodiche, non tecniche. Queste metodiche hanno uno scopo: promuovere il processo di crescita e sviluppare il potenziale umano. Non siamo alla ricerca del successo, della felicità o della ricchezza. Quelle sono le conseguenze. Se cresci, se cresci davvero arrivano e soprattutto restano. Certo non restano 24/7: nessuno è felice h24, sette giorni su sette; nemmeno nelle favole. Nessuno di quelli che hanno successo, che sono felici o ricchi ci è arrivato con uno schiocco di dita. C’è un lavoro impegnativo dietro. Forse poco pubblicizzato e/o raccontato ma c’è.
Cerchiamo di sfuggire dalle situazioni spiacevoli, dalle emozioni “negative”, dalle sconfitte, dalle delusioni, dal rifiuto e da tutto quello che non ci piace. Di fatto sono queste cose a renderci forti. Ovviamente non suggerisco di cercare la sofferenza apposta, così per sport, consiglio solo di affrontarla se e quando arriva. Propongo di lavorare su sé stessi prima di volerlo fare con gli altri. Sostengo l’importanza di guardarsi dentro cercando il nostro lato oscuro per illuminarlo. Di alzare i tappeti e guardare da vicino la polvere che abbiamo nascosto lì sotto. La paura consapevole diventa eccitazione. I difetti accettati diventano caratteristiche della nostra unicità. Prendersi cura di sé stessi in modo sano è altruismo puro. La vera fragilità è vera forza. L’umiltà autentica è la più grande espressione di autostima. Tutto questo è vero e possibile se decidiamo di crescere e migliorarci senza fretta e con impegno costante.
Ripeto: non promuovo la sofferenza fine a sé stessa né la lentezza ad ogni costo. Rifiuto solo l’idea di essere veloci a tutti i costi anche quando sono necessari tempo e fatica. In PNL a un certo punto qualcuno pensava che chi era più veloce era anche più bravo. Chi ci metteva di meno ad aiutare qualcuno era migliore di chi utilizzava più tempo. A parità di risultato concordo. Se il risultato cambia, perché più tempo significa miglior risultato allora io vado da chi ci mette di più perché fa meglio. Dovremmo focalizzarci su ciò che conta veramente, su ciò che funziona veramente e su ciò che ci soddisfa veramente.
Conosco molte persone diverse, in posti diversi, di culture diverse e lavori diversi. Le persone che vivono bene hanno spesso caratteristiche comuni. Sono vere, sono integre (cioè non spezzettate), sono allineate con sé stesse (scopo, valori, comportamenti), sono imperfette: consapevoli e felici di esserlo, sono sempre in crescita. Sono anche consapevoli che non si smette mai; hanno fretta ma non premura, cioè danno tempo al tempo e non cercano scorciatoie; sono disposte a pagare il prezzo che serve: impegno, fatica e, quando serve, sofferenza.
Ci sono cose che si capiscono solo dopo averle vissute e magari sbagliate, e va bene così. Da padre, cerco di aiutare le mie figlie a fare errori diversi dai miei, sapendo che alcuni devono farli loro stesse, altrimenti non impareranno mai. Va bene, l’importante è imparare. Spero di riuscire a insegnare loro che le scorciatoie non portano alla stessa destinazione, che il successo senza soddisfazione è fallimento puro e che la vita reale ha il giorno e la notte, la luce e l’ombra, la felicità e la tristezza. Mi piace ricordare “la preghiera” della Gestalt:
“Io faccio la mia cosa e tu fai la tua. Non sono in questo mondo per esaudire le tue aspettative come tu non sei in questo mondo per esaudire le mie. Tu sei tu e io sono io, e se per caso ci incontriamo, sarà bellissimo, altrimenti, non ci sarà nulla da fare.”
La cosa buffa è che chi dovrebbe leggere questo mio articolo non lo farà, per loro avrei dovuto fare un video. Buon compleanno a me! Love on ya. Claudio