Patrizia Panico è LA calciatrice. Attaccante e capitano della Nazionale Italiana, si è ritirata nel 2016 dopo aver vinto 23 titoli di club ripartiti in 10 scudetti, 5 coppe Italia e 8 Supercoppe d'Italia, dal 1993 al 2016 ha messo in rete 653 palloni in 591 partite giocate. Con 204 presenze e 110 reti al suo attivo detiene sia il record di presenze in Nazionale italiana – con la quale ha vinto l'argento agli europei del 1997 e preso parte alla fase finale del campionato mondiale 1999 – sia quello di migliore marcatrice della compagine azzurra. Adesso è allenatrice e guida la nazionale U-16 maschile. E’ una donna determinata e concreta. Per lei il calcio non è un mestiere, è un divertimento e gioca ancora oggi come quando era una bambina. Ci siamo incontrate in una tiepida giornata ai margini di un campo di calcio. C’erano dei bambini di circa 10 anni che si allenavano e lei non ha mai distolto del tutto l’attenzione da quello che succedeva in campo; durante l’intervista ogni tanto si interrompeva e faceva delle riflessioni sui giovanissimi atleti. Traspariva chiaramente dalla sua espressione la passione di chi ama quello che fa. L’inizio: “Mi ricordo la prima volta che sono andata a un allenamento, il primo in una squadra vera e propria, in un campo di calcio regolamentare. Era un momento che aspettavo da tantissimo tempo, avevo 11 anni e i miei amichetti già giocavano a calcio da quando avevano circa sei anni. Le bambine non facevano la scuola calcio”. “Erano anni che covavo questa cosa e intanto i miei mi portavano in piscina, o a fare altri sport, ma il calcio no, perché era solo per le ragazze grandi. Mi piaceva proprio, il pallone, per me esistevano poche altre cose che mi facevano divertire così, mi davi un pallone ed io ero a posto per tutta la giornata. Ero sempre con amici maschi. Mi mettevano in porta, perché dicevano che erano più bravi di me, io però partivo dalla porta, li smarcavo tutti e facevo gol!” “Finalmente, a 11 anni, avevo l’età per andare con le ragazze grandi. Eravamo io e mia sorella, e in campo abbiamo visto tutte donne di circa trent’anni… io ero piccolissima! Ci fu una discussione tra i miei genitori e l’allenatore; lui diceva che era difficile farci giocare con loro, ma mia mamma ha insistito e così abbiamo ottenuto l’occasione di fare un provino. Io ero bravissima tecnicamente, nonostante fossi piccola, mia sorella invece era più forte fisicamente e correva più di me, picchiava”. “Avevamo paura che l'allenatore non ci facesse giocare e quindi abbiamo dato tutto, abbiamo giocato con lui uno contro uno e anche uno contro due. Alla fine, stupito, ci ha prese. Mi ricordo che non avevo l'ansia, ma avevo davvero tanta paura che non mi prendessero. Quel giorno mi sono divertita, non ero mai entrata in un VERO campo da calcio; era sera, e a me sembrava di essere all'Olimpico. Da subito ho cominciato a ottenere dei risultati, voglio dire che quando l'allenatore mi ha detto che potevo tornare il giorno dopo per me era già una vittoria”.La cosa più importante: “per me l'importante è divertirsi, puoi pure non fare gol, ma giocare benissimo e divertirti, alla fine penso che il gol viene se giochi bene, se giochi male il gol non lo fai. Io mi diverto ancora come allora e nel momento in cui non dovessi più divertirmi smetterei.” Se non tieni a mente questa aspetto fondamentale il resto non conta. Se non ci si diverte si gioca male, se si gioca male non si ottengono risultati e si continua non divertirsi. Questo è il miglior modo per mollare. Tutti gli atleti intervistati hanno parlato di soddisfazione legata al divertimento. E tu, nel tuo sport, ti diverti ancora? Fammi sapere nei commenti cosa ti diverte dello sport che pratichi e quanto questo aspetto sia importante per tenere alta la motivazione! A presto, Laura Salimbeni