In più occasioni mi sono occupato in questi articoli che scrivo per il blog di Extraordinary e nella produzione di ebook e audiolibri di un tema molto importante: la leadership. Cosa fa (e cosa non fa) un buon leader per essere tale è sempre stato il filo conduttore. Credo infatti che il cattivo leader non esista e quindi non sia possibile imparare dagli errori del cattivo leader. Un cattivo leader ha nomi diversi, come boss o capo. Puoi comunque imparare a non diventare un boss o un capo – o aiutare i tuoi manager a non diventarlo – apprendendo che alcuni comportamenti tipici di una cattiva interpretazione della leadership possono essere individuati e prevenuti. Scott Gregory, il nuovo CEO di Hogan Assessment Systems, ha scritto di recente un interessantissimo articolo (https://hbr.org/2018/03/the-most-common-type-of-incompetent-leader) per Harvard Business Review nel quale ha raccontato uno stile di leadership fra le più invise a tutti i dipendenti: la leadership assenteista e la ricerca presentata dimostra che è la forma più comune di incompetenza manageriale. Di cosa si tratta? La leadership assenteista non riguarda come si potrebbe ritenere dall’utilizzo del termine assenteista, l’assenza del capo sul posto di lavoro o almeno, non riguarda l’assenza fisica. La leadership assenteista infatti riguarda un altro tipo di assenza, di mente e spirito che si traduce nell’assenza di feedback qualificati ai collaboratori o più in generale una mancanza di responsabilità nei confronti del team di lavoro. I leader assentisti sono persone in ruoli di leadership che sono psicologicamente assenti. Sono stati promossi alla direzione e godono dei privilegi e dei vantaggi di un ruolo di leadership, ma evitano un coinvolgimento significativo con i loro team. “La leadership assenteista – scrive Gregory – assomiglia al concetto di rent-seeking in economia – cioè, prendere valore da un'organizzazione senza dare valore. In quanto tali, rappresentano un caso speciale di leadership laissez-faire, ma che si distingue per la sua distruttività”. In pratica, i leader assenteisti offrono troppa libertà senza assumersi responsabilità. Infatti dare ai dipendenti la totale padronanza della nave senza dare loro una guida e assumersi la responsabilità delle decisioni di squadra può essere distruttivo. Gregory fa riferimento a un sondaggio condotto nel 2015 su 1.000 lavoratori adulti che ha dimostrato che "otto dei primi nove reclami sui leader riguardavano comportamenti assenti: i dipendenti erano più preoccupati di ciò che i loro capi non facevano". La ricerca dimostra che essere ignorati dal proprio capo è persino più alienante che essere trattati male. L'impatto della leadership assenteista sulla soddisfazione del lavoro è distruttiva e spesso i leader assenteisti sono raramente ritenuti responsabili delle proprie azioni perché "non creano problemi", quindi occuparsi di loro è spesso una priorità bassa per l’azienda. Il leader assenteista in sostanza è l’esatto contrario del leader coach e l’unico modo per superare questa mancanza è apprendendo le necessarie skill di coaching: un leader coach infatti offre sempre feedback qualificati – critica se c’è da criticare, premia se c’è da premiare, riconosce sempre l’impegno – si mette alla guida del team assumendosi le responsabilità del lavoro svolto e soprattutto mantiene sempre un comportamento proattivo nei confronti del lavoro, promuovendo iniziative, innovazioni e miglioramenti. Quali altre skill dovrebbe avere un leader coach? Scoprilo con me al Coaching secondo Claudio Belotti, informati qui: http://www.extraordinary.it/corsi/coaching-secondo-claudio-belotti/