We can be Heroes

Amerai il prossimo tuo come te stesso

Quante volte hai sentito questa frase? Forse, come me, troppe fino a non capirne più il significato. Facciamo un piccolo ragionamento insieme, se vuoi. È su qualcosa a cui ultimamente penso spesso. Sarà la crisi, sarà la primavera (e prima l’inverno), sarà qualcos’altro che non capisco, ma io vedo sempre meno gente felice e amorevole. Sono tutti incazzosi, maleducati e poco gentili. Entri nei negozi e nei bar e nessuno ti sorride. Lasci passare qualcuno nel traffico, anche se non ha la precedenza, e non ringrazia. Chiami il servizio clienti di qualche azienda e sembra di dare fastidio. 

Cosa sta succedendo?

Teoricamente se fosse la crisi, dovremmo essere tutti più cortesi. Mancando lavoro dovremmo coccolare i pochi clienti che abbiamo. Se pensiamo al di fuori dall’ambito lavorativo, sappiamo che i momenti di difficoltà dovrebbero unire le persone non allontanarle. Se vai nei paesi veramente poveri, vedi solidarietà, gentilezza, sorrisi… 

Da noi, no.

Eppure siamo il paese cristiano per eccellenza, abbiamo il Papa a Roma e il catechismo nel passato di quasi tutti noi, e queste parole sono di Gesù, mica di uno qualunque. Mi dirai che lui era diverso. In Dinamiche a Spirale sicuramente ragionava a livelli altissimi. Forse era un po’ hippy, poi erano altri tempi… Un fatto è certo: la frase è linguisticamente molto interessante. 

Dice “amerai il prossimo tuo come te stesso”.

Presuppone che tu ti ami. E forse è qui il problema. Probabilmente le persone sono maleducate con gli altri perché lo sono con se stesse. Dice “il prossimo tuo”, non tuo figlio o tuo madre. Il prossimo, che è chiunque. 

Quindi?

Non saprei, ma, ho un paio di idee. Non ci amiamo abbastanza. Cioè, non amiamo noi stessi perché non facciamo nulla per crescere, migliorarci e soprattutto accettarci. Io mi chiedo: come possiamo pensare che lo facciano gli altri se non lo facciamo noi per primi? E/o siamo troppo focalizzati su noi stessi e poco sul prossimo. Cioè, ci mettiamo al centro dimenticandoci che siamo parte di una famiglia/squadra/comunità da cui dipendiamo. E/o vediamo gli altri come nemici, estranei, entità staccate, invece di capire che siamo davvero tutti fratelli e sorelle. E/o non lavoriamo su noi stessi, investiamo tempo ed energie per conquistare e accumulare cose, invece di crescere come esseri umani (essere non fare o avere). 

Sono sicuro che hai altre idee, mi piacerebbe conoscerle.

Se ti va, scrivile qui sotto nei commenti. L’idea non è di giudicare nessuno, neppure di fare un processo alle intenzioni. È di capire per aiutarci l’un l’altro a vivere meglio. Che ne dici? Claudio               

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