Tempo fa durante la festa annuale della nostra azienda, che chiamiamo “Extraordinary Day”, ho fatto vedere il video di Brené Brown, sociologa presso l’Università di Houston. È un video che parla di vulnerabilità. Bellissimo!
Cercavo qualcosa di speciale. Un po’ per caso, un po’ per fortuna, quella fortuna che hanno quelli che cercano, ho trovato questo intervento a TED.
Il messaggio quel giorno è passato e tutti siamo rimasti colpiti (e anche affondati).
L’altro ieri una giornalista del Corriere delle Sera, che aveva scritto un pezzo per il mio altro libro, mi ha chiamato. Voleva sapere se ero disponibile per un’intervista. Ovviamente ho detto di sì. Più tardi ci siamo risentiti per le domande e mi ha detto l’argomento dell’articolo: Brené Brown e il suo nuovo libro sulla Vulnerabilità!
Che coincidenza!
Perché io? Mi sono, e le ho chiesto.
"Perché mi sembri la persona più adatta", è stata la risposta. Quando ci siamo conosciuti, lo scorso anno, mi sei sembrato uno che ne può parlare…
Chi io?
Ho passato tutta la mia infanzia a cercare di essere come gli altri, che ai miei occhi erano meglio di me. Ho cercato di non soffrire, convincendomi che mio Padre non era malato ma aveva solo una disfunzione renale.
Da adolescente ho fatto di tutto per non essere in una situazione imbarazzante. Con le ragazze ero una frana, avevo troppa vergogna.
Alle superiori facevo le stagioni estive in albergo, prendendo letteralmente calci nel culo, senza batter ciglio. Non a caso il servizio militare nei Parà, è stato quasi una passeggiata.
Mi hanno insegnato che ero un ometto e non dovevo piangere. Mi hanno detto di esser forte. Se avevo mal di pancia, alla seconda volta che lo dicevo, mi veniva fatto notare che lo avevo già detto.
Il mio primo amore, che era una gran cotta, ma sembrava amore allora, mi ha insegnato che donarmi portava sofferenza. A quell’età, non potevo capire che quel tradimento non aveva nulla a che fare con me.
Sono andato avanti così per un po’, poi ho trovato i miei veri maestri.
Uno è uno dei più grandi nel mio settore. Parla delle sue paure, si emoziona, sbaglia e lo ammette…
Un altro è mia moglie Nancy. Sangue caldo, passionale, che considera la vulnerabilità un pregio e lo dimostra nei fatti…
Grazie a loro sono cambiato. O meglio, sono tornato quello che sono. Da bambino ero così, l’educazione mi ha “rovinato”.
Per non soffrire, ho “devitalizzato” il mio sistema nervoso che, ovviamente, sentiva poco dolore ma anche poco del resto…
Ho passato tre giorni, all’ultimo corso di Public Speaking, a convincere i partecipanti a “mettersi a nudo” davanti all’audience. Gli umani amano l’umanità nelle persone quindi perché nasconderla?
La nascondiamo per paura, dimenticandoci che se la lasciamo uscire la paura scompare.
Sì, lo so, qualcuno si approfitterà della tua vulnerabilità. Per prendere una carezza devi porgere la guancia, e potresti prendere una sberla. In quel caso, consiglio di non porgere l’altra, meglio andare via e cercare chi si merita quello che hai da offrire.
Sono contento che il libro della Brown sia disponibile in Italia. Sono felice di essere ancora sul Corriere della Sera, l’articolo esce sabato.
La prima volta che ho visto il mio nome su quelle pagine ho pianto. Sono cresciuto guardando mio Padre leggere quel quotidiano. Vedermi lì mi ha riempito il cuore, un’emozione così grande da riempire e straripare. Ecco quindi le lacrime, per strada, davanti all’edicola…
Qualcuno avrà pensato che ero un po’ strano. Oppure che leggevo un necrologio, per quelli è permesso piangere. Non mi importa molto. Io ero felice. Lo sono anche adesso. Sai perché? Perché quando lasci che le emozioni escano, quando sei vulnerabile perché ti metti a nudo ti accorgi di essere felice. Di essere vivo.
Mi raccomando, sabato compra il Corriere della Sera.
Claudio