Si è manifestato in misura minore, in Italia, il fenomeno della “great resignation” – le dimissioni di massa vissute dalle aziende negli Stati Uniti nel 2021 – ma nonostante tutto ha interessato anche il nostro paese. Dall’inizio della pandemia, dopo lo smartworking e soprattutto con il ritorno in presenza all’interno degli uffici, moltissime persone hanno rimesso a fuoco i propri valori, le proprie priorità.
Risalgono a pochi mesi fa i dati pubblicati dal Ministero del Lavoro relativi alle cessazioni dei rapporti di lavoro. Il quadro che appare è in linea con quanto visto altrove nel mondo: nel secondo trimestre del 2021 c’è stata una crescita tendenziale del +43,7%. Tra aprile e giugno, infatti, c’è stato un incremento delle cessazioni che ha visto 484mila persone lasciare per dimissioni volontarie il posto di lavoro.
Uno studio dell’IBM Institute for Business Value (IBV) ha inoltre rilevato che 1 dipendente su 5 – su di un campione di 14mila persone nel mondo – ha cambiato volontariamente lavoro nel 2020. “Il 28% dei dipendenti intervistati – si legge ancora nello studio – ha dichiarato di voler cambiare lavoro quest’anno. Le ragioni principali di questa scelta sono la necessità di un programma o di un luogo di lavoro più flessibili, di maggiori benefit e di supporto per il proprio benessere”.
Proprio per questa ragione i leader e le organizzazioni che desiderano gestire il cambiamento in atto e sono pronte a mettere da parte processi e presupposti di lavoro ormai obsoleti non solo manterranno i migliori talenti, ma ne attrarranno di nuovi, dando nuovo slancio allo sviluppo dell’azienda stessa. Questa però è una condizione fondamentale: l’azienda attraverso i suoi leader deve essere capace di trasformarsi, migliorare il lavoro ed evolversi verso una dimensione più umana.
E la tua azienda come sta affrontando questa sfida?